Chi ha fatto anche solo un corso di avvicinamento al vino lo sa: ci hanno sempre insegnato che la vite si alleva tra il 30/esimo e il 50/esimo parallelo. E invece. Invece non è più così.
Disclaimer: questo non è l’ennesimo post sul cambiamento climatico, non staremo qui a dirvi quanto il riscaldamento globale sta cambiando la mappa dell’agricoltura e con quali conseguenze economiche e sociali. Questo è un post di viaggio. Un viaggio nelle terre più impensabili per la vite e il vino, terre fin qui inesplorate dove le barbatelle cominciano a germogliare e – a sorpresa – dare i primi succosi frutti. Qui si stanno costruendo nuove tradizioni, si fa ricerca, si esportano metodi millenari come i terrazzamenti con i muretti a secco, preservati in Italia anche grazie al Registro nazionale dei paesaggi rurali storici, all’UNESCO e al corrispettivo programma della FAO, il GIAHS, di cui vi abbiamo raccontato più volte facendo parlare uno dei suoi più eminenti promotori in Italia, il prof. Mauro Agnoletti. E’ qui, oltre il 50esimo parallelo, che si sperimenta la nuova viticoltura eroica.
Lo sapevate che si produce vino sui fiordi norvegesi? L’idea non poteva venire che a un italiano, anzi, a un piemontese: dal 2017 Danilo Costamagna coltiva Solaris e Rondo vicino a Oslo, con l’etichetta Norsk Vin. Ora vi starete chiedendo cosa siano Solaris e Rondo: sono due vitigni Piwi, incroci naturali tra vitigni più famosi, recentemente attenzionati per la resistenza ad alcune malattie delle viti e al freddo. Memorizzate questi nomi, perché potrebbero essere i prossimi Sauvignon Blanc e Pinot Noir.
Anche in Svezia si coltivano Piwi. E si parla un po’ di italiano nella cantina italo-svedese di Andrea Guerra ed Emma Serner: cinque ettari vitati su un’isola, con l’obiettivo di produrre 26mila bottiglie nel giro di un paio d’anni, per uscire dalla ristretta cerchia dei ristoranti locali. Ma non si tratta di un’avventura isolata (o isolana, appunto): sono una trentina le cantine in Svezia.
Se le bollicine prodotte nel sud della Gran Bretagna fanno già parlare di sé da un po’, gli ice wines sono decisamente accreditati. Possiamo scommettere, però, che non abbiate mai provato un ice wine prodotto in Cina: a detta degli esperti potrà regalarci delle sorprese nei prossimi anni. La palma per il vigneto più fresco, però, potrebbe aggiudicarsela la Buthan Wine Company, con un vigneto che mira a scalare l’Himalaya. Prima vendemmia: 2024.
Che annata sarà? Nel mentre, calici in alto, in qualunque angolo di mondo vi troviate in questa estate 2023.
Francesca Puliti